Costruito nel 1912 sul luogo dove si trovava la povera baracca di legno dove il Beato Enrico da Bolzano visse facendo il boscaiolo per circa venti anni della sua vita, ora si trova sul confine tra Sant’Elena di Silea, Cendon e Biancade.

Orat B. EricoEnrico da Bolzano, nato verso la metà del XIII secolo in Tirolo, si trasferì in terra trevigiana probabilmente in occasione di un suo pellegrinaggio a Roma (forse per il celebre primo giubileo del 1300), portando con sé la moglie e il figlio Lorenzo. Decise allora di fermarsi su un podere del conte di Collalto, posto a Biancade, esercitando il mestiere di boscaiolo.

Divenuto anziano, si trasferì in città, dove visse umilmente e devotamente, mendicando le offerte da distribuire ai numerosi poveri della città, mortificandosi e conducendo un’intensa vita di pietà e di preghiera.

Morì a Treviso il 10 giugno del 1315 con fama di santità, avendo compiuto numerosi miracoli ancora da vivo; ad esempio, mentre stava pregando durante un acquazzone, ai piedi del campanile del battistero, i suoi vestiti rimasero asciutti. Alla sua morte tutte le campane di Treviso iniziarono a suonare da sole. I numerosi miracoli registrati dopo il decessorichiamarono in città folle di pellegrini, provenienti da tutta l’Italia e da vari Paesi europei. Ebbe culto e fama in molte chiese del Nord d’Italia, dell’Istria, del Tirolo e dell’Austria, dove le sue immagini sono ancor oggi molto diffuse (come all’interno della cattedrale di Santo Stefano di Vienna e in facciata del duomo di Innsbruk).

E’ compatrono della diocesi di Treviso.

Il suo sangue allo stato liquido è tuttora custodito in cattedrale di Treviso.

Sul beato Enrico da Bolzano esiste una letteratura sterminata: ne parlano il Boccaccio (che nel Decamerone ambienta una novella attorno al feretro del beato), Gabriele D’Annunzio, numerosi papi e una schiera innumerevole di storici.

Una statua lignea, posta all’interno della chiesetta di via Beato Erico rappresenta l’umile boscaiolo in atto di appoggiarsi ad un bastone, col cappello sotto il braccio e le scarpe malandate, ma con il volto sereno. E’ opera di Francesco Martiner di Ortisei (1914).

Il capitello antistante alla chiesetta risale al Settecento; vi era venerata la statua lignea di Antonio Chiesa, ora nella Parrocchiale.

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Al limite  geografico occidentale della Parrocchia di Biancade sorge un tempio votivo, meglio conosciuto come la “chiesetta del Beato Erico”. La località ha questo nome, perché la tradizione popolare afferma che in quel luogo era la casa del Beato Enrico da Bolzano.

 

Oggi è facile arrivare alla chiesetta: recentemente la strada vicinale è stata asfaltata fino al luogo sacro; unico pericolo attraversare la trafficata e pericolosa Treviso-mare. Qualche decennio fa, vi si arrivava percorrendo un sentiero, alternativamente polveroso o fangoso, al capriccio delle stagioni. Per indicare un luogo lontano dal centro del paese era uso affermare “ el sta al Beato Erico” o “le sant’Andree”.       

 

Enrico da Bolzano era nato verso il 1250 e condusse la dura vita di operaio e successivamente di boscaiolo. Non conosciamo il motivo per il quale, assieme alla famiglia, arrivò a Treviso e successivamente a Biancade. Non sappiamo per quanto tempo abbia risieduto a Biancade e perché scelse di venire nel nostro paese. Forse, perché già si erano trasferiti suoi paesani in cerca di lavoro. Al tempo la zona era ricca di boschi e forniva la materia prima per il lavoro di boscaiolo. Viveva in una povera baracca di legno, e la tradizione popolare vuole che si recasse più volte al giorno a pregare presso la chiesa di Castello. In questa chiesa, sempre la tradizione popolare, vuole essere la tomba della moglie e del figlio Lorenzo, del Beato. Dopo la morte della moglie, Enrico trascorse gli ultimi anni della sua vita a Treviso in estrema povertà, accettando l’elemosina. Era conosciuto come assiduo frequentatore di chiese, partecipava alle celebrazioni delle Messe, praticava lunghe veglie in preghiera e severe penitenze. Il poverello morì il 10 giugno del 1315: i funerali videro la partecipazione di un immenso popolo e furono accompagnati da numerosi prodigi. Si narra che al momento della sua morte tutte le campane di Treviso iniziarono a suonare da sole. Negli anni successivi migliaia di persone arrivarono a Treviso per onorare l’arca del Beato posta nel duomo di Treviso sopra  un altare. Un suo illustre biografo fu Pier Domenico Baone che diventò Vescovo di Treviso.  Per curiosità letteraria ricordiamo che il Beato Enrico da Bolzano è citato nella novella XI del Decamerone di Giovanni Boccaccio.  

 Anche a Treviso, in via Canova, sorge una chiesetta dedicata al Beato Enrico, edificata sul luogo dove era vissuto.

1912 B.EricoLa chiesetta del “Beato Erico” di Biancade, fu edificata a partire dal 16 ottobre 1912, con la posa della prima pietra, su un terreno che era stato acquistato dai Parroci del Vicariato di San Cipriano nel 1902.

Il 10 giugno 1914 la chiesa venne benedetta dal Vescovo di Treviso Andrea Giacinto Longhin, (che è stato proclamato Beato il 20 ottobre 2002).

Per la comunità parrocchiale di Biancade fu una grande festa: si innalzarono archi trionfali, scritte sui muri inneggianti al Beato, addobbi ed arazzi che adornavano le finestre delle case ed un festoso squillante scampanio. Le spese per la costruzione furono sostenute dai parroci della Veneranda Congregazione di San Cipriano. La parrocchia di Biancade conserva la preziosa reliquia di un dito del corpo del Beato Enrico, racchiusa in una  teca fusiforme d’argento. Fu donata nel 1912 dal sacerdote Luigi Zangrando, per sua devozione. Presso l’archivio parrocchiale è conservato un autografo del papa San Pio X che in occasione della benedizione del tempio, concedeva a tutti i partecipanti l’indulgenza plenaria. Il papa Pio X, al secolo Giuseppe Sarto, morì il successivo 20 agosto 1914.

Ogni anno, nell’anniversario della morte del Beato, il 10 giugno, presso l’oratorio, viene celebrata dalle tre comunità di Biancade, Cendon e Sant’Elena, una Messa a ricordo. Terminata la celebrazione della Messa, grazie all’impegno del gruppo ricreativo-culturale di Biancade, segue un momento di conviviale allegria con pastasciutta e un bicchiere di buon vino.

Per tutto il mese d’agosto, ogni mercoledì mattina, viene celebrata la Messa presso l’oratorio del Beato Erico. Enrico da Bolzano è  particolarmente invocato per il tempo favorevole e l’abbondanza dei frutti della terra. Gli si chiede, attraverso la preghiera, di intercedere per  il dono della pioggia nelle estati siccitose e di allontanare la grandine nei violenti temporali estivi.

Nei pressi dell’oratorio del Beato Enrico, correva una importante strada romana: la via Claudia Augusta. Una strada transalpina, la maggiore costruita dagli antichi Romani. Lunga 520 chilometri  (pari a 350 milia passuum) collegava direttamente la pianura del Po con quella del Danubio. La via Claudia fu tracciata nel 15 a.C. dal generale Druso Maggiore, allorché con il fratello Tiberio avviò la campagna militare per la conquista della Rezia (attuale Tirolo, parte della Baviera e Svizzera) e della Vindelicia (l’attuale regione tra le Alpi orientali e Danubio). Una strada nata per scopi militari. L’importante via fu ultimata 60 anni dopo, nel 47 d.C. dall’imperatore Claudio, (figlio di Druso Maggiore) dal quale prese pure il nome. Dobbiamo immaginare una larga via rettilinea, lastricata, con cippi che segnalavano le distanze in milia, tra ininterrotti boschi, percorsa dalle disciplinate e potenti legioni Romane. Partiva da Altinum/Altino, allora fiorente porto sulla laguna veneta, e superato il passo di Resia a quota 1504 metri, scendeva lungo le valli dell’Inn e del Lech affluenti del Danubio. Nei secoli successivi con la caduta dell’Impero Romano si persero le tracce ed il ricordo della importante arteria.

Beato Erico: un luogo dove la storia ricorda antichi fasti imperiali e parimenti l’umiltà del semplice, la grandezza della preghiera e le nostre radici Cristiane.

Stefano Salvian

 

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